di Alessandra Leone
Da piccolo era un bambino iperattivo, una continua fonte di energia scomposta, un vulcano cui piaceva correre, giocare, scatenarsi ed entusiasmarsi anche per piccole cose che ci circondano, come il volo di una farfalla. Con il passare del tempo questa energia l’ha canalizzata. Quel bimbo, con il suo essere sognatore, dolce, sensibile e di cuore, con un’anima nobile, poi è diventato un grandissimo paroliere, scrittore e produttore discografico italiano conosciuto in tutto il mondo: lui è Giulio Rapetti, in arte Mogol, una colonna portante della musica del nostro Paese, ricordato soprattutto per il sodalizio con Lucio Battisti, ma che ha collaborato anche con artisti del calibro di Riccardo Cocciante, Adriano Celentano, Mango, Gianni Bella, Gino Paoli, Caterina Caselli e molti altri, componendo delle vere e proprie poesie con al centro sentimenti, sensazioni, valori come l’amicizia ed emozioni che non passano e non passeranno mai di moda.
“Cieli immensi e immenso amore” è il titolo del progetto teatrale che sta girando per l’Italia e l’Europa, in cui Mogol con il cantautore siracusano Ugo Mazzei si presenta come artista e come uomo, racconta la nascita e il significato di diverse canzoni, svela aneddoti e retroscena in una conversazione tra amici, ricordando il passato, vivendo al massimo il presente e cercando di seminare per il futuro con l’eleganza che lo contraddistingue. Tutto ciò con le sentite interpretazioni, le domande mirate e gli interventi sempre attenti di Ugo Mazzei, cantautore dalla ricca formazione culturale e cantautorale, il cui percorso è cominciato con Mauro Pagani nel 1992 alle mitiche “Officine meccaniche” e che l’ha portato a pubblicare gli album “Tra pubblico e privato”, “Adieu Shangri-la (10 canzoni sull‘ambiente)”, “Mezzogiorno o giù di lì” e “Regola o follia”. Come lo stesso Mazzei racconta alla sottoscritta e ai suoi biondissimi figli Giorgio e Federico, la canzone d’autore ha sempre fatto parte della sua vita, in ciò che ascoltava e nel suo modo di vivere; influenzato soprattutto da un ricco percorso che va dalla cultura cantautorale francese fino alla bit generation americana, per lui e per la creazione dei propri testi la letteratura ha avuto un’importanza fondamentale: poesie, romanzi, letture, poeti e scrittori come Federico Garcia Lorca, Leonard Cohen, Jack Kerouac o Ferlinghetti “lasciano strascichi lunghi e nascosti”.
E Mogol? Come nascono i suoi testi? “Prendo ispirazione dalla musica, la quale dice determinate cose. Bisogna stare attenti a ciò che dice; poi lego il tutto al vissuto, cercando di esprimere senza pudore e senza filtri la verità del sentire. Scrivendo non la fiction, ma la vita così com’è”. Su Battisti afferma sorridendo: “Mi ricordo che la prima volta in cui lo vidi mi fece molta tenerezza: avevo dato dei pareri negativi sulle sue canzoni e l’amica che me lo aveva presentato, la direttrice dell’edizione Les Copains in Italia Christine Lebrun, vi rimase molto male. Le mie parole la ferirono. Battisti invece, con molta umiltà, disse che era d’accordo con il mio giudizio. Gli diedi una chance e la terza canzone scritta fu “29 settembre”, un grande successo cantato dall’Equipe 84. Era una persona molto paciosa, ironica, con la capacità di capire qualsiasi meccanismo con una facilità estrema. Vi racconto un episodio: una volta mi ha portato a mare vicino Roma. C’era un mare terribile, molto molto mosso. Lucio non era una persona sportiva, ma si è messo una tuta di gomma e uscì un windsurf. Nonostante le mie opposizioni, si buttò… Dopo un po’ l’ho visto volare sulle onde. Davvero impressionante!”. Quando gli chiedo cosa gli manca di lui, risponde senza tentennamenti il sorriso.
Durante la serata, svoltasi sabato 16 a Linguaglossa, Mazzei e Mogol hanno ricordato anche tanti altri grandi della musica italiana, come Mango, una persona generosa, nobile, sensibile, un vero signore con infinito rispetto verso gli altri, un artista che ha avuto meno successo di quello che meritava, i cui arrangiamenti e il cui modo di comunicare erano unici, o come Alan Parodi dei Tazenda, anche lui una splendida persona dal cuore grande e che era anche un eccezionale pescatore, o Gianni Bella, un vero genio della musica.
Si percepisce che i due protagonisti della serata hanno una formazione diversa e un modo di fare differente: il milanese è un “regista in 4 minuti” con un linguaggio più semplice e immediato, il siracusano è più complesso e ricercato, ma è altrettanto evidente che entrambi sono legati da diversi elementi in comune, sia come persone che come artisti, rendendoli molto complici. Appare lontano quell’incontro di 3 anni fa al Teatro d’Estate a Noto tra di loro: da lì questa nuova coppia artistica ne ha fatta di strada, arricchendo la propria valigia e iniziando diverse collaborazioni.
Mogol ammette che gli capita di non ricordare tutti i testi che ha scritto, come nel caso di “E mi arriva il mare”, cantata da Riccardo Cocciante, dedicata a Nelson Mandela e alla moglie, composta da Mogol e Cocciante prima della liberazione di Madiba. Durante la serata tanti gli spunti di riflessione, le emozioni, le speranze, gli input per il pubblico, gli inviti a coltivare ciascuno i propri talenti, i tentativi di cercare di creare un mondo più giusto con iniziative culturali e sociali. Proprio quest’ultimo punto sta molto a cuore al paroliere milanese: è una vera e propria guida e punto di riferimento per gli autori, compositori e interpreti del Centro Europeo di Toscolano (CET), da lui fondato più di 20 anni e che ha diplomato più di 2400 allievi, tra cui diversi hanno ottenuto un grande successo a livello nazionale e internazionale come Arisa e Pascal; diverse le borse di studio e i premi per gli artisti più talentuosi, per non far sì che “la promozione faccia la produzione”, cosa che purtroppo troppo spesso accade, e per rendere realizzabile un sogno di chi ha potenziale; è sua l’idea della creazione della nazionale cantanti, nata nel 1981 per acquistare un’ambulanza di un centro a Roma; nel tempo ha creato diversi progetti, come quelli per aiutare gli autistici o il nuovissimo progetto presentato all’Ue per i migranti in Africa, in cui propone di far coltivare milioni di ettari nei Paesi africani, trasformandoli in orti e frutteti biologici, con l’obiettivo di “dare una casa, un lavoro e un futuro al popolo dei migranti, invece di accoglierli senza prospettive, senza offrirgli un futuro, come facciamo adesso”. Lo stesso Mazzei racconta di aver sottolineato poco prima a cena Mogol che sarebbe bellissimo se si applicasse nell’ambito umanitario così come ha fatto e fa ancora nella musica, “perché Giulio è una persona che può fare davvero tanto, è bellissimo lavorare con lui e ha un’anima splendida”. E il suo amico gli ha sorriso in maniera sorniona, annuendo.